In Italia ancora oggi gli impianti termici a radiatori sono i più diffusi. Se è vero, da una parte, che la loro sostituzione con sistemi alternativi comporta lavori invasivi, l’utilizzo di nuovi materiali e tecnologie li ha resi più performanti ed in grado di convivere in modo ottimale anche in abitazioni di nuova concezione.
Negli ultimi anni, inoltre, il design sempre più curato, lineare o dalle forme scultoree, ne ha ridefinito l’estetica. Al punto che i radiatori sono oggi sempre più integrati anche nei progetti d’arredo.
Il punto di partenza nella scelta degli impianti consiste nell’esame dei seguenti fattori: il primo, in particolare, incide sulla seconda ma anche su performance e costi. Occorre tener conto dell’uso che si farà del radiatore e delle nostre abitudini.
Usciamo di casa di prima mattina e vi ritorniamo solo tardi la sera? Avremo bisogno di termosifoni che si scaldino velocemente.
Se invece l’abitazione è “vissuta” durante il giorno, saranno preferibili prodotti che mantengano il calore più a lungo.
Alcuni materiali, come l’alluminio, saranno più indicati nel primo caso. Altri come ghisa ed acciaio nel secondo. Lo stesso vale per le finiture.
Essendo leggeri, i corpi scaldanti possono essere fissati anche a pareti di basso spessore. La principale caratteristica dei radiatori in alluminio (un vantaggio ma anche un limite) è però la bassa inerzia termica: in pratica, si scaldano in modo rapido e ciò permette di modulare e tarare l’impianto per avere calore solo quando serve, consentendo un notevole risparmio energetico.
L’ideale per le seconde abitazioni e quando si passa molto tempo fuori in casa. Per contro, i caloriferi realizzati in questo materiale si raffreddano altrettanto rapidamente.
L’alluminio, ricavato in genere dalla bauxite, è resistente alla corrosione e duraturo, quindi adatto anche in ambienti umidi come bagno e cucina. E’ inoltre riciclabile al 100% ed infinite volte senza che le sue qualità vengano meno.
I radiatori in acciaio si scaldano abbastanza velocemente ma non trattengono a lungo il calore dopo lo spegnimento dell’impianto, anche se si raffreddano meno velocemente dell’alluminio.
L’acciaio è inoltre un materiale molto resistente alla corrosione ed all’usura.
Il corpo scaldante inglobato in questi materiali può essere di tipo elettrico, quindi dotato di una resistenza interna oppure idraulico con le classiche tubature per l’acqua calda.
Il materiale ottenuto offre diversi pregi: è idrorepellente, antimuffa ed antibatterico ed in parte ripristinabile in caso di eventuali piccoli danneggiamenti.
L’estetica della superficie, oltre a richiamare la pietra, può anche essere personalizzata con un motivo a propria scelta.
La ghisa ha elevata inerzia termica, quindi i radiatori si riscaldano lentamente e trattengono a lungo il calore anche dopo lo spegnimento dell’impianto. Vanno bene per un uso continuativo, per contro sono molto pesanti.
Oggi sono pochi i modelli presenti sul mercato, anche se negli ultimi anni sono stati proposti modelli in stile vintage che abbinano un’estetica tradizionale a colori di tendenza.
Le declinazioni offerte dai radiatori sono infinite ma si possono catalogare in tre principali tipologie:
La superficie del radiatore, indipendentemente dal materiale, è liscia ed omogenea, ottenuta tramite un processo di lavorazione in diverse fasi. Quella finale consiste in genere nella verniciatura epossidica a base di polveri, fissate alla superficie con un trattamento ad alta temperatura che ne evita la corrosione e le rende molto resistente e bella nel tempo.
Ampia è la gamma di colori e finiture, dal classico bianco, alle tonalità Ral, fino a quelle cromate, sabbiate e lucide. Occorre però considerare che non tutte offrono la stessa resa termica. In particolare, le superfici cromate riducono l’emissione di calore per irraggiamento del 30% circa rispetto ad uno stesso modello colorato o bianco.
La Legge di Bilancio 2020 ha confermato le detrazioni per la ristrutturazione edilizia, per la riqualificazione energetica ed il Bonus Mobili.
La sostituzione dei radiatori rientra nel primo caso e dà diritto ad un bonus del 50% da detrarre dall’Irpef. Lo stesso vale per l’installazione di valvole termostatiche su termosifoni esistenti.
Con i modelli elettrici si può ottenere il bonus mobili sempre al 50%. La detrazione massima per unità immobiliare rimane di 96 mila euro.
Più sostanzioso l’Ecobonus al 65% ma per beneficiarne è necessario migliorare l’efficienza energetica della casa, quindi rinnovare l’impianto, per esempio installando anche una nuova caldaia a condensazione con sistema di termoregolazione.
Sono più di 800mila, infatti, gli impianti attivi in Italia e la previsione è di una crescita ulteriore.
Quella proveniente dal sole è un’energia pulita e rinnovabile che nel corso dei secoli l’uomo ha cercato di “domare” e sfruttare nel migliore dei modi.
Risale al XIX secolo, per opera dell’inventore Charles Fritts, il primo pannello fotovoltaico, con il selenio ricoperto da una sottile pellicola che, una volta esposto al sole, produceva energia elettrica.
Nella metà del secolo successivo nasce invece la prima cella solare in silicio, capace di generare una corrente misurabile.
Per quanto riguarda il solare termico, i primi “esperimenti” risalgono addirittura all’epoca dell’Impero Romano quando, attraverso l’effetto serra creato dai vetri, si scaldavano le abitazioni. E’ tra le fine del Settecento e la metà dell’Ottocento, invece, che vengono gettate le basi per realizzare i moderni pannelli solari in grado di scaldare l’acqua sanitaria, con il primo brevetto depositato nel 1891 dall’americano Clarence Kemp.
Negli ultimi cinquant’anni le tecniche di costruzione dei pannelli fotovoltaici e di quelli per il solare termico si sono sempre più affinate, fino a raggiungere gli attuali livelli hi-tech che li rendono super affidabili ed efficienti.
Con costi ammortizzabili in tempi sempre più ridotti: oggi si parla di 3-4 anni, contro gli 8-10 di qualche anno fa.
Con tale impianto si produce in autonomia l’energia elettrica di cui si necessita per la propria abitazione (se non tutta, almeno una buona parte), riducendo i costi in bolletta, contribuendo alla salvaguardia dell’ambiente.
I pannelli fotovoltaici possono essere orientati verso il sole tramite aggancio su strutture fisse o su quelle “mobili” che sono in grado di girarsi per incrementare la captazione solare. Tale impianto è detto ad inseguimento.
Ogni kWp installato (il kilowatt picco è l’unità di misura della potenza erogata da un modulo fotovoltaico in condizioni standard) richiede uno spazio di circa 8/10 mq se i moduli sono a silicio cristallino complanari alle coperture degli edifici; occorre invece uno spazio maggiore se i moduli sono disposti in più file su superfici piane.
Un impianto può essere: connesso alla rete elettrica nazionale (grid-connected), isolato (stand alone), ibrido (impianto di produzione elettrica da fonti rinnovabili dotato di un sistema che fa accumulare l’energia prodotta di giorno per poi utilizzarla in qualsiasi altro momento).
Solo un esperto è in grado di dimensionare correttamente l’impianto sulla base dell’effettivo fabbisogno energetico.
Con il fotovoltaico ed un uso intelligente degli elettrodomestici, si può abbattere la spesa per l’elettricità fino al 70%. Con l’irraggiamento solare presente in Italia, un impianto fotovoltaico domestico può essere anche fonte di guadagno.
Come investimento, può ripagarsi da solo in circa 4 anni. I pannelli di ultima generazione offrono un rendimento elevato per circa 20-25 anni.
Un impianto fotovoltaico è composto dai seguenti elementi:
Per porre un impianto fotovoltaico sul tetto di un’abitazione indipendente o su quello condominiale, occorre rivolgersi ad un’azienda specializzata (come Ristruttura Interni) che, dopo aver eseguito un sopralluogo ed un audit energetico, presenta al cliente un preventivo di spesa.
Un impianto da 3kW ha un costo che varia dai 7000€ ai 14.000€ ( se ci sono sistemi di accumulo) ma il prezzo varia a seconda delle caratteristiche del pannello.
L’installazione rientra tra gli interventi eseguibili in edilizia libera e non servono permessi, a patto che l’edificio sia fuori del centro storico o non sia vincolato.
E’ necessaria invece l’autorizzazione del fornitore di energia elettrica della zona, che procede alla sostituzione del contatore domestico, con un costo per l’utente di circa 250€.
Per quanto riguarda la potenza, per produrre 3 kW (fabbisogno medio di una famiglia) occorrono in media circa 10 pannelli, collegati in serie.
L’energia prodotta è immediatamente disponibile se “continua”, perché l’impianto include anche un dispositivo (inverter) che la trasforma subito in “alternata” a 220 volt per essere utilizzata in ambiente domestico.
Chi decide di installare un impianto fotovoltaico può beneficiare di una detrazione Irpef del 50% (prevista dal bonus ristrutturazioni) su una spesa massima di 96mila euro.
L’utente riceve il “rimborso” (o sconto fiscale) in dieci rate annuali di pari importo.
Per accedere al bonus è necessario inviare all’Enea la documentazione relativa all’intervento. Per informazioni: http://www.acs.enea.it/invio
Una seconda agevolazione per chi sceglie il fotovoltaico è il cosiddetto “scambio sul posto”, un incentivo erogato dal Gse , che paga al proprietario dei pannelli l’energia elettrica prodotta in eccesso e consumata in un secondo momento.
Il servizio di Scambio sul Posto è una particolare forma di autoconsumo in sito. Ed il sistema elettrico diviene strumento per l’immagazzinamento virtuale dell’energia elettrica prodotta e non auto consumata.
Ecco un esempio che ne chiarisce il funzionamento: un impianto di 3kW nei mesi estivi produce più energia di quanta ne occorre. Mentre in inverno avviene esattamente il contrario. L’energia “in eccesso” prodotta in estate viene immessa in rete ed utilizzata da altri utenti.
In inverno, quando l’energia prodotta non è sufficiente a coprire il fabbisogno ed occorre prelevarne dalla rete nazionale, il Gse riconosce all’utente un incentivo sull’energia immessa in precedenza. Per usufruire di questo meccanismo occorre compilare una pratica dello stesso Gse nel momento in cui l’impianto viene collegato alla rete elettrica.
In questo caso l’irraggiamento è utilizzato per scaldare l’acqua ad uso sanitario e, con un assetto adatto, anche quella, tutta o in parte, per il riscaldamento.
Un sistema solare termico si basa sui collettori solari, i pannelli (diversi da quelli fotovoltaici) che captano la radiazione solare.
Esistono due tipi di impianto: a circolazione naturale (per piccoli fabbisogni) e forzata (per fabbisogni più consistenti).
Nel primo tipo, i collettori contengono un fluido che, quando si scalda, sale verso un serbatoio d’accumulo (detto bollitore) d’acqua calda che è posto sul bordo superiore del collettore.
Il fluido riscaldato può essere utilizzato direttamente dall’utenza “circuito aperto” oppure circolare solo tra i collettori ed il serbatoio (“circuito chiuso”) per trasportare il calore all’acqua.
Nei sistemi a circuito chiuso, infatti, il serbatoio d’accumulo contiene uno scambiatore di calore: il calore accumulato dal fluido nei collettori viene ceduto all’acqua contenuta nel serbatoio che viene poi distribuita all’utenza finale.
Nei sistemi a circolazione forzata, invece, il bollitore è separato dal collettore ed è presente quindi una pompa che favorisce la circolazione dell’acqua.
Per fronteggiare il fabbisogno di acqua calda sanitaria nei mesi invernali, il bollitore può essere collegato alla caldaia della casa. Questo è previsto anche quando l’impianto solare deve scaldare, in più, l’acqua per il riscaldamento. In tal caso, al circuito si possono aggiungere anche altri apparecchi che producono il calore, come per esempio, un camino o una stufa.
L’impianto di riscaldamento ideale per il solare termico è quello a bassa temperatura.
I risparmi possono arrivare all’80% della spesa annuale per l’acqua calda sanitaria.
I componenti variano secondo la tipologia del sistema:
L’iter che porta all’installazione dell’impianto solare termico è simile a quello del fotovoltaico e rientra nelle opere di edilizia libera (non occorre permesso comunale).
L’impianto però è in genere più complesso. Basti pensare che nel caso di una famiglia di quattro persone occorre un serbatoio di accumulo di circa 500 litri d’acqua.
In media, per l’installazione di due pannelli solari termici (che scaldano fino a 500 litri di acqua sanitaria) si spendono circa 3mila euro.
In estate l’impianto riesce solitamente a coprire il fabbisogno giornaliero. Mentre in inverno può essere necessario utilizzare la caldaia (camino o stufa) perché si copre circa il 20-30% del fabbisogno.
Per quanto concerne il solare termico esistono due tipologie di incentivi, tra loro non cumulabili: l’Ecobonus al 65% ed il Conto termico.
L’Ecobonus consiste in una detrazione Irpef del 65% calcolata su una spesa massima per i collettori solari pari a 60mila euro. Anche in questo caso il rimborso Irpef è suddiviso in dieci rate annuali di pari importo e, come il bonus ristrutturazione, per poterne usufruire è obbligatorio inviare la documentazione all’Enea.
Il Conto termico, gestito dal Gse è un incentivo che varia dal 45% al 65% calcolato in funzione del numero e della tipologia dei pannelli.
Il Gse, entro 30 giorni dalla realizzazione dell’impianto, ma in pratica dopo circa tre mesi, eroga l’incentivo all’utente mediante un bonifico. In un’unica soluzione se lo stesso incentivo è inferiore o pari a 5mila euro.
Il Conto termico è liquidato più velocemente rispetto all’Ecobonus. Ma a differenza di quest’ultimo ha un importo inferiore. Di conseguenza, per chi non ha bisogno di liquidità e può attendere è consigliabile scegliere l’Ecobonus. Per tutti gli altri, il Conto termico rappresenta una valida agevolazione, con un rientro parziale dell’investimento davvero rapido.